Ci sono storie che nascono per caso. Ci sono storie per cui basta un microfono, o in tal caso un flusso di coscienza, per sprigionare una potenza che mai avresti pensato di dare al racconto. Succede che io e Adam Idrissi, portiere del Carbonia Calcio ci scriviamo per giorni. Forse ha pensato di fare un regalo ai suoi tifosi, o semplicemente ha scelto di donarlo al sottoscritto. Penso di mandare una domanda, ci scherziamo su. È la prima volta che ci troviamo ad avere un dialogo. Capisco dalle sue prime parole che lui ha voglia di raccontarsi, ma io, in primis, ho bisogno di ascoltarlo. Così le domande diventano due, poi tre, poi semplicemente cancello il gioco del botta e risposta e gli chiedo di andare libero. Perché ho capito che le corde che riesce a toccare sono sconfinate, per la potenza delle parole che usa e che in qualche modo fanno riflettere. Per il significato e per il valore che si può dare con il proprio vissuto alla propria storia di calciatore:
“Io non sono di Carbonia. Vengo da un paesino abbastanza piccolo del nuorese, ossia Ovodda, un paese a cui sono legato e che mi ha permesso di crescere nella maniera migliore. I primi passi nel calcio li ho mossi a sette anni, non avendo la predilezione per il ruolo del portiere. Ero infatti un attaccante abbastanza goffo, mi annoiavo parecchio. A quell’età prevale il divertimento ed io ricordo che mi piaceva lanciarmi a destra e sinistra, cercando di illudere gli avversari. Dopo qualche mese, l’allenatore decise di mettermi in porta e da lì inizio il mio percorso calcistico. Ricordo anche che una volta messo in porta volevo tornare in attacco, diciamo che ero tutto un controsenso per certi versi”
Facciamo un passo indietro, se le va. Sulla sua biografia c’è scritto: nato a Genova, nazionalità italo-marocchina.
“Si. Con le mie origini non ho un grande rapporto. Sono cresciuto senza un papà e quel poco di lui con cui ho avuto a che fare non è stata una persona genuina o benevola. Credo basti questo. Col Marocco in passato ho avuto più volte l’opportunità di fare dei raduni, ma per una serie di questioni non si concretizzò mai nulla, nonostante i telegrammi ed i messaggi. Penso ci sia stata una volontà da parte di qualcuno di non farmi partecipare a determinate competizioni, come i Giochi del Mediterraneo o la Coppa d’Africa. Questo in parte mi dispiace, perché poteva essere un’occasione in più per cercare di dimostrare il mio valore. Non voglio dilungarmi oltre”

Lei però sostiene che tutto questo l’abbia in qualche modo fortificata.
“Credo che nelle difficoltà della vita, nasca anche un’opportunità di riscatto e tutto ciò che ho vissuto, anche da piccolo mi ha fortificato, dandomi tanta forza interiore”
Cosa è per lei il pallone?
“Il miglior amico che potessi avere. Una medicina per sopperire le mancanze della vita”
C’è una parte molto buona della sua vita. Mamma e sua sorella.
“Ho tatuato le loro date di nascita. Ho scritto un po’ di cose sul mio corpo, che sono anche la mia storia, il mio percorso di vita. Senza di loro non sarei mai stato l’Adam di oggi. Grazie a loro ho avuto la forza di andare avanti e superare tanti problemi. Dico sempre che non ho avuto un padre, ma ho avuto due madri, che per me sono tutto e che ringrazio ogni giorno di avere accanto, anche se capita che alle volte non riesco a dimostrarlo come vorrei”
Arriva la grande occasione del Cagliari Calcio.
“Ero molto giovane. Sono stati tre anni in cui ho imparato tantissimo. Era il Cagliari di Palmas e di Matteoli, in cui ho iniziato a riflettere sull’opportunità di fare di questa passione un lavoro. Ho riflettuto soprattutto sui sacrifici fatti dalla mia famiglia, dei panini mangiati al volo prima di percorrere viaggi lunghi e ripetuti, perché giocavo con più categorie. È stata un’esperienza utile per crescere come calciatore, ma soprattutto come uomo, perché erano molto esigenti e si soffermavano su ogni cosa che non andava”

Da lì comincia tutto.
“Sì, sono passato ai giovanissimi nazionali, con cui ho trascorso due anni, riuscendo a togliermi tante soddisfazioni. Sono passato all’Olbia, che è diventato una sorta di laboratorio dei giovani del Cagliari. Con Olbia ho debuttato in C come terzo portiere”
Cosa ricorda?
“I brividi. Tanti”
Poi Castiadas, Budoni, fino al suo presente. Il Carbonia Calcio.
“Una squadra che mi ha dato l’opportunità di rilanciarmi e a cui sono molto affezionato dopo un anno di stop”

Succede una specie di magia. Dalla salvezza si parte per un viaggio più soddisfacente.
“È stata una scommessa vinta da parte della società. Non abbiamo avuto alcuna pressione da parte loro sugli obiettivi. Con le settimane si è creato un gruppo bellissimo, un collettivo di giovani volenterosi di crescere. Mi creda è un gruppo particolare, fatto da persone che in campo sembra siano amici di una vita, più che una squadra, che ogni domenica si gioca l’anima. È la prima volta che vivo così un’esperienza di gioco”
Una delle migliori difese del campionato. Sarebbe bello si giocasse un’altra stagione con questo Carbonia.
“Suppongo che la volontà di tenere un gruppo così giovane ci sia. La mia gratitudine nei confronti di questa squadra e di questa società è immensa. Ora dobbiamo giocare l’ultima giornata, ed è troppo presto per parlare di scelte di mercato sia da parte mia che del Carbonia. Posso solo dire che è bello far parte di tutto questo”
Photo Credits: Fabio Murru