C’è un punto di questa chiacchierata con Alberto Di Silvestre, in cui mi rendo conto che colui che mi trovo davanti ha appena ventidue anni. È una considerazione che affascina, forse impaurisce. Ma certamente crea tra me e lui un’empatia con la quale ponderiamo assieme i contenuti e le parole di un’intervista che si rivela dal primo minuto molto intima e sincera. Di Alberto mi sono occupato già una volta, in un passato non troppo lontano. Quando Di Silvestre vinceva sulla sabbia, ed era capace di non incantare solo me, con quegli occhi severi e quello sguardo infatuato del beach volley. Incantava il mondo del beach con il suo gioco, i suoi 18 anni, le sue ambizioni:
“Una pagina durata sei anni, che poi si è interrotta e mi ha dato modo di fare tesoro delle delusioni, delle aspettative e dei sogni che avevo per provare a ricominciare. La pallavolo è arrivata dopo, forse all’inizio è stata un ripiego, poi pian piano è diventata il mio presente, il mio rifugio”
Da cosa?
“Da un’infanzia non facilissima, in cui ho dovuto più lottare che altro. In cui non mi sono goduto appieno l’età che avevo ma pensavo solo al mio futuro nel beach volley. Infatti quest’anno le premesse sono state diverse. Ho avuto dei momenti di spensieratezza e mi sono goduto gli amici, l’estate, Pescara. E poi sono arrivato qui”
È arrivata Sarroch, è arrivata l’Isola.
“Nunzio Lanci mi aveva parlato molto bene di questa società e della pallavolo sarda. Non ho pensato al fatto che sarei sceso dalla A2 alla serie B, quanto al fatto che volevo trovare una bella esperienza per rigettare le basi sul futuro nella pallavolo”
Lo scorso anno a Ortona non è andata come si aspettava. Da cosa riparte?
“Dalla voglia di cercare delle occasioni importanti. Da una piccola storia che vorrei diventi grande. Da un gruppo in cui mi trovo bene e dal desiderio di farmi trovare pronto per giocarmi le mie opportunità”
Uno strappo addominale è arrivato ad inizio stagione. Ora sembra acqua passata.
“Si, tanto che già negli ultimi incontri ho avuto modo di entrare in qualche cambio, fare qualche giro dietro e riprendere il ritmo. Ho davanti due signore bande, come Sideri e Ntotila, per cui trovare uno spazio non è semplice. Ma va bene così. Il campionato sta andando bene e siamo tutti soddisfatti”
Nell’aria si respira qualcosa di magico. Undici vittorie su undici partite. Diciamolo: sta andando più che bene.
“(ride n.d.r.) Si, si. Ci rendiamo conto ogni settimana che stiamo scrivendo delle pagine molto belle di questa stagione e l’entusiasmo c’è. Siamo tutti molto obiettivi, nel senso che la strada da fare è ancora tanta e non è bene parlare troppo presto di quelle che possono essere le ambizioni di tutti”
Lei scriverebbe una lunga storia in Sardegna?
“Su questo non posso che essere onesto: se mi chiedessero di restare in caso di promozione accetterei molto ben volentieri. Ripeto, l’impatto con la Sardegna è stato bellissimo. Io durante l’inverno sono abituato a fare vita ritirata e penso poco a ciò che c’è oltre al palazzetto e alle partite. Ma è un’isola in cui mi fermerei con piacere”
Quanto le ha restituito questa scelta di vita da zero a cento?
“Se me l’avesse chiesto qualche anno fa le avrei detto duecento. Adesso dico quaranta. Ho ridimensionato tutto e ho dovuto tarare di nuovo i sogni e le aspettative. Io sono uno che viveva di sogni, di mondi che immaginavo in cameretta”
Ha ventidue anni Alberto. I sogni possono ancora far parte di questa vita?
“Si, ho bisogno di tempo per fare ancora pace con alcune cose, ma mi sento ancora capace di farlo. Non tendo a guardarmi più indietro ma a fare sì che il presente e il futuro siano migliori di ciò che è stato. Sono qui a Sarroch per questo. Per fare sì che tutto si ritrasformi in una bella speranza per il futuro”