Io odiavo il basket. (sia mai che scrivo una premessa in stile Open di Agassi e vinco un Pulitzer, o anche un Campiello, che mi andrebbe comunque benissimo).
Quando a scuola non vedevo la rete da pallavolo montata, significava una cosa sola: perdere contro quelli di quinta che giocavano meglio di noi e rompersi le palle per almeno 40 minuti. Non potevo capire che il basket lo odiavo perché non ero in classe con Mauro.
Io odiavo il basket (repetita iuvant). Poi ho conosciuto Mauro Graviano. E ho cambiato prospettiva. Pensavo al basket come un’occasione. Con Mauro è diventato divertimento. Pensavo al basket come un modo per far crescere il sito di Sportisola. Con Graviano è diventato un modo per migliorarmi come giornalista sportivo.
Devo ringraziarlo, lo dico davvero.
Mauro mi ha insegnato i ritmi di una squadra, di due o più persone che fanno uno sport ai miei occhi alle volte incomprensibile. Mi ha insegnato i passaggi della vita e di una conversazione. Scandire il ritmo, ascoltare, coesistere assieme anche nelle parole, nei gesti e nella serietà da utilizzare in alcuni contesti e circostanze. Graviano mi ha allenato, si è speso, invitandomi a vedere ciò in cui crede da molti anni, e io all’inizio l’ho buttata sul ridere. Poi ho capito che mi stava facendo un enorme regalo, ossia quello di vestirmi da baskettaro, con la maglia biancoverde stupenda della Ferrini e facendomi entrare nel meccanismo di un marchingegno che il sabato funziona a meraviglia. Così ho smesso di ridere. Ho provato ad essere lui. A pensarmi Graviano. Scrivo queste parole, non tanto per incantare il destinatario della mia posta, quanto per capire che, per chi fa il mio mestiere, avere la narrazione di Mauro, significa alzare gli occhi al cielo e ogni tanto chiedere: me la racconti di nuovo?

Auguro a tutti i me del presente e del futuro di poter alzare la cornetta metaforicamente e sentire i Graviano raccontarti cosa significa coltivare una passione, farne un secondo lavoro che poi è come se fosse il primo. Portarsi i compiti a casa, mangiare una pizza con quegli amici di sempre durante la settimana o dopo la partita e parlare di basket. Sentirmi Mauro ha generato in me una profonda invidia. Essere ferriniano è una fortuna, è confronto, è uno specchio. Vedere uno come lui in campo qualche mese fa mi ha profondamente divertito e appassionato. Se lo avessi avuto davvero come compagno di squadra in quinta liceo gli avrei chiesto di insegnarmi a stare in piedi come fa lui. Una parete di roccia, un bulldozer. Te lo trovi davanti e gli porti rispetto, quasi ti metti sull’attenti. Mauro sa dettare le regole del gioco e di uno sport che riesce a dominare e sovrastare con il suo carisma. Dentro il campo è una persona, fuori forse è diversissimo. Questo non lo so. Quello che importa è ciò che ha fatto in questi due anni di Sportisola, ovvero trasformare il parquet dei palazzetti della C in un ring in cui la palla si affronta con la testa e il fisico. Cinquanta e cinquanta. C’è molto altro in questa Ferrini, oltre Mauro, la sua testa e il suo essere possente. Ma i Graviano fanno la differenza. E questo si riconosce nelle pagine che questo ragazzo sta scrivendo per una società che nel panorama di basket sardo è un potentissimo riferimento.
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“Per me la Ferrini è davvero casa. Quando la sera esco dall’ufficio, carico la borsa in macchina e vado in palestra. È un mondo che si accende ogni giorno, nel quale molti anni fa ho avuto la fortuna di entrare e una società alla quale mi sento di appartenere”
Quando si entra nel vostro mondo si respira un clima famigliare, ma soprattutto si respira il senso dell’amicizia.
“Abbiamo avuto una grande fortuna, ovvero poterci scegliere. La squadra si è andata a comporre negli anni tramite, per così dire un invito a farne parte. Sappiamo chi può non tanto rafforzare la squadra, quanto entrare in un gruppo affiatato e migliorarlo nel tempo”
Ieri, dopo nove mesi di stop, è tornato in campo Matteo Salone.
“Con Matteo ci siamo scoperti da qualche anno. È stata una bellissima sorpresa sia dentro che fuori dal campo. Lo abbiamo aspettato e siamo felici che sia rientrato con noi in occasione della gara con l’Astro. Dopo nove mesi non dobbiamo metterli fretta e lasciare che riprenda il suo rapporto con il campo e con le dinamiche del gioco. Ovvio che quando pensi al fatto di trovarlo a lottare con te, puoi essere solo che felice”
A proposito di lotta. Domanda provocatoria: sarà un duello tra Sennori e Ferrini per la finale?
“Per me ogni avversario è degno della finale. Ogni settimana è un Sennori, lo abbiamo visto con l’Olimpia o con la Torres. C’è Calasetta che non è ancora venuta fuori pienamente. Sono tutte compagini fortissime e ogni partita sarà tostissima fino alla fine. Dobbiamo essere bravi a non perdere una partita per provare a centrare la prima posizione alla fine della prima fase”

Il fattore Hubalek quanto conta?
“Credo che Sennori fosse un’ottima squadra degna del posto che occupa già con Merella, Cordedda o Pisano solo per dirne alcuni. L’arrivo di Jiri ha senza dubbio fatto crescere il livello di una squadra che con un 210 cm e un giocatore come lui può essere ancora più difficile da battere. Vedremo cosa succederà a fine febbraio nella partita che giocheremo in casa e nella quale mi piacerebbe vedere una bella cornice di pubblico”
Posso chiederle se Ferrini pensa al futuro? Lei vede già gli eredi di questa Ferrini in giro?
“Vedo che ci sono diversi giovani ragazzi che vengono tutti i giorni in palestra ad allenarsi e mi fa un enorme piacere. Spero vivamente che possano fare un percorso di crescita che li porti ad essere ancora meglio di ciò che c’è ora. Apprezzo molto quelli che da noi si impegnano e si sacrificano. Far parte di una società come questa è una grande fortuna”