Daniel Anedda. Il valore del dodicesimo uomo.

Nel gioco del calcio e non solo, il dodicesimo uomo può avere vari ruoli. Non importa se ad ogni allenamento, ad ogni incontro, ad ogni primo tempo, potrà e dovrà essere a disposizione. Ho scelto di intervistare Daniel Anedda, centrocampista del Sant’Elena Q.C.U., perché le storie migliori non arrivano solo da chi in campo presenzia ogni domenica, ma anche da chi il campo lo vive (purtroppo) da fuori, ma lo vive. E non è un obbligo, ma è una scelta. Per chi non conoscesse la sua storia, che non è la sola, Daniel arriva al Sant’Elena dalla Promozione con l’entusiasmo di chi pensa di giocarsi un anno importante. Ma il crociato si rompe, Anedda finisce la stagione poco dopo averla cominciata e il suo destino è quello di attendere il prossimo anno per poter ricominciare:

“Non è mai facile guardare i tuoi compagni di squadra fuori dal rettangolo di gioco senza poter contribuire fisicamente, partita dopo partita. Nonostante l’infortunio, che mi terrà fuori ancora per molto tempo, cerco, salvo problemi con il lavoro di essere sempre presente agli allenamenti, alle partite e alle trasferte”

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Ricominciare sognando a Sarroch. Alberto Di Silvestre si racconta.

C’è un punto di questa chiacchierata con Alberto Di Silvestre, in cui mi rendo conto che colui che mi trovo davanti ha appena ventidue anni. È una considerazione che affascina, forse impaurisce. Ma certamente crea tra me e lui un’empatia con la quale ponderiamo assieme i contenuti e le parole di un’intervista che si rivela dal primo minuto molto intima e sincera. Di Alberto mi sono occupato già una volta, in un passato non troppo lontano. Quando Di Silvestre vinceva sulla sabbia, ed era capace di non incantare solo me, con quegli occhi severi e quello sguardo infatuato del beach volley. Incantava il mondo del beach con il suo gioco, i suoi 18 anni, le sue ambizioni:

“Una pagina durata sei anni, che poi si è interrotta e mi ha dato modo di fare tesoro delle delusioni, delle aspettative e dei sogni che avevo per provare a ricominciare. La pallavolo è arrivata dopo, forse all’inizio è stata un ripiego, poi pian piano è diventata il mio presente, il mio rifugio”

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