Ho cercato di essere per lui il battesimo di fuoco perché nella sua affermazione io sono il primo a credere. Ho cercato di essere per lui il sacco su cui sfogare le tensioni, gli anni in cui non tutto arriva subito, e quindi il carico mentale e fisico a cui si sottopone la tua testa e il tuo cuore sono il doppio rispetto allo standard. Ho perso, per mia grande gioia perché Salvatore Boccia mi ha messo k.o. con la sua determinazione, con il clamore di una vita fatta di routine e di costanza, di quei sogni che a dieci anni prendono forma dalla Frassinetti di Oristano e si evolvono, cambiano, crescono con lui. Sono i sogni di chi può essere tutto, chiunque, calciatore o medico, astronauta o suonatore di asterischi.
Riuscire a fare sogni tridimensionali, senza chiedere mai niente al mondo, solo te.
Parafrasando la vita di Boccia e un po’ il miglior Samuele Bersani di Replay, i sogni di Salvatore sono così ben disegnati che hanno tre dimensioni e nella profondità dell’esistenza ciò che cerca, il te di Bersani è il calcio, a cui questo incredibile ragazzo di ventidue anni ha dedicato dodici lunghissimi anni ininterrotti della vita. Non voglio avere rimpianti – mi dice con straordinaria lucidità – non posso permettermelo.
Guardo l’orologio. La mezzanotte è passata da un po’. Forse dobbiamo chiudere, ma noi volevamo fà gli americani, ma siamo nati in Italy, e quindi io e Mattia De Vivo ci salutiamo perché lui non è più in New Jearsey e io sono a poche decine di chilometri da lui. Capisco che c’è un mondo dentro Mattia, ed è un campo minato. Un ventitreenne che affronta il calcio con la mentalità dell’underdog, anche se in fondo poi domenica lo vedi in campo e ti sembra tuo fratello più piccolo. Uno che mischia le carte, sovverte i pronostici. Un ragazzo di Foggia che sbanca in primavera, poi va in America a giocare, arriva la pandemia, sembra (ripeto, sembra) che in Italia debba ripartire da zero e allora gioca il calcio più duro, quello meno americano, fatto di Campobasso o Melfi. Patrie del pallone in cui, diciamocela tutta, o sei De Vivo o non reggi. O giochi con il coltello tra i denti la domenica o il tifoso fa fatica a salutarti in mezzo alla strada, per essere diplomatici. Poi arriviamo noi, minerari che ci innamoriamo sempre di chi decide di mettersi “a disposizione”, espressione che Mattia mi ripete da un po’ di settimane che ci conosciamo.
A parlare di Giuseppe e a pensare al miglior Ciocci questa domenica si è cominciato molto prima della partita. Siamo stati tutti compratori del biglietto al teatro del calcio di Pontedera perché volevamo attaccarci alla sedia e vedere il nostro rappresentante isolano sin dal riscaldamento. E Ciocci non ha tradito le attese. Quando entra in campo, con i suoi abiti da attore protagonista, da Jacob Elordi sardo, non traspare niente dal suo sguardo magnetico. Da quel che so l’emozione c’è, e fa capo alla parola gioco.
Lavorare è il modo che Felipe Roccuzzo ha per farsi amare. E di amore, sui campi di calcio in cui milita sin da quando, piccolo in quell’età in cui a La Plata si pensa solo a portarsi il pallone tra le mani e giocare dalla mattina alla notte, ne ha raccolto tantissimo. L’arrivo in Sardegna è targato Nuorese, una squadra che lo rimpiange e una piazza che ha conosciuto con Felipe un grandissimo professionista. Due anni fa la decisione di lasciare Nuoro e insieme a Giuseppe Cantara approda nel progetto Tempio. E da quel momento comincia a scrivere una nuova pagina bellissima per la società sassarese:
Quando ho letto il suo nome affiancato a quello della Pallavolo Borore ho subito pensato che la risalita non potesse ricominciare da una casa migliore. Perché quel luogo che continuerò ad affermare, a me ha umanamente restituito tantissimo è e sarà salvifico per molti pallavolisti sardi in cerca di qualcosa che assomigli sicuramente ad un buon avvenire, ma che abbia anche dei fattori intangibili che si chiamano casa, famiglia, squadra. La storia di Gabriele Tinelli la si può riassumere con una parola, ossia la parabola. Se vi piace di più e siete amanti dei parchi a tema, direi anche montagna russa.
Si parte da Telti, dallo specchio di una porta, dove Tinelli muove i primi passi. È il calcio, bellezza. Poi si aggiunge un incontro fortuito, per entrambi, da un parrucchiere. Stavolta è Debora Arberi, presidente della Time Out Volley, che convince Gabriele a provare la pallavolo, sport che non lascerà mai più:
“E poi c’è un viaggio, dopo alcuni anni, ne avevo quindici per l’esattezza, in cui mi viene proposto di giocare a Foligno, provare la B, giocare come opposto in serie C per muovere i primi passi fuori dalla Sardegna. Papà era felice, mamma non era proprio al settimo cielo. Sono molto legato alla mia famiglia e anche per me separarmi da loro non è stato assolutamente semplice. I primi mesi durissimi, poi piano piano è partito tutto”
Gabriele Tinelli (Pallavolo Borore)
Arriva anche Macerata.
“Alla Pallavolo Macerata ho fatto un salto di qualità, perché ho potuto allenarmi con la serie A3, oltre alla C e poi con l’Under 18 fare la Junior League, realtà che mi ha dato la possibilità di giocare contro molti ragazzi che ora si giocano dei campionati importanti. Ho avuto la fortuna di trovare sulla mia strada un palleggiatore come Natale Monopoli che ha concluso la sua carriera a Macerata e che mi ha lasciato tanto”
Arriva il Covid e per lei Tinelli è l’anno di un infortunio.
“Il mio annus horribilis. È vero. Il Covid che blocca i campionati, poi la ripresa, l’infortunio, l’operazione al ginocchio e il lungo periodo di stop. Sono tornato a casa, come ha detto lei è stata una montagna russa, perché quando si è trattato di riprendere, mi sono ritrovato in serie D con la Time Out. Ho giocato palleggiatore, è stato un inizio graduale e sicuramente particolare. Da febbraio di quest’anno però, ho ritrovato il campo, cosa che mi ha dato l’opportunità di ripartire, rifacendolo alla Time Out, che per me è sempre rimasta casa”
Mi dica cosa le è passato per la testa quando si è ritrovato dalla A3 a fare un triplo salto all’indietro. Non è facile.
“Devi guardare sempre il bicchiere mezzo pieno. Stai bene, puoi riprendere a giocare, l’operazione è andata bene. Devi essere bravo a buttarti tutto alle spalle e a non pensare cosa sarebbe successo se non mi fosse successo quell’infortunio. Poi sei in serie D, magari ogni tanto puoi tirare più forte, puoi fare qualcosa di diverso che hai appreso in altri campionati. Non è stato facile, ma ora sono qui”
Gabriele Tinelli, Andrea Virdis, Gabriele Vargiu (Pallavolo Borore)
Qui a Borore. L’inizio della risalita.
“Un punto di ripartenza. Sono stato accolto benissimo sin dal primo giorno, in una squadra che mi ha dimostrato stima e affetto sin dal primo allenamento. Ho potuto riprendere a giocare in un bel campionato nazionale, ritornando ad abbracciare una categoria competitiva. Veniamo da qualche piccolo infortunio, e anche io dopo il derby contro Sestu ho avuto qualche problema. Ora sono rientrato, anzi, siamo rientrati a regime e proverò a dare il mio contributo alla squadra per risalire in classifica”
La salvezza può arrivare?
“Sì. Ce la metteremo tutta. Questo lo scriva”
Avete un valore aggiunto. Il pubblico bellissimo di Borore.
“Il nostro settimo uomo in campo. Anche papà il sabato si trasforma in ultras con le trombette e viene con mamma a darci sostegno. È una piazza bellissima che ama la pallavolo”
Lei gioca anche a beach volley. Conoscerà il torneo estivo più famoso del centro Sardegna.
“Ho promesso che quest’anno ci giocherò perché so che si crea un bellissimo movimento qui in estate. Il beach ha fatto parte del mio passato grazie ad un’esperienza della rappresentativa che ho fatto assieme a Matteo Saba. Bellissimo momento e ottimi ricordi. Adesso le speranze sono riposte nel volley. Con Borore voglio cominciare ad invertire la mia rotta personale”
Dove si vede da qui ai prossimi tre anni?
“Non voglio porre limiti. Sicuramente voglio ricominciare a salire”
Dal 28 luglio all’8 agosto a Chengdu (Cina) si terrà la 31ª edizione delle Universiadi, inizialmente prevista per il 2021, ma poi rinviata a causa dello scoppio della pandemia. Alla competizione più importante a livello universitario ci sarà anche il CUS Sassari, con Sarah Longoni, studentessa della Facoltà di Scienze Motorie, Sportive e Benessere dell’Uomo, che ha trionfato agli ultimi CNU nel taekwondo, specialità Poomsae (Forme). La gara dell’atleta dell’Ateneo sassarese andrà in scena nella notte italiana tra il 28 e il 29 luglio.
Toccare il cielo con un dito, due anni fa, era sembrato per Donato Chialà piuttosto facile. Una finale playoff vinta contro l’Ariete Oristano, l’accesso alla serie B della Stella Azzurra Sestu nel segno di uno degli opposti più interessanti del campionato regionale. Quel roster era stato premiato, e si è ripresentato ai banchi di partenza di una B ambiziosa quasi immutato. Così, in quel cielo non è stato semplice proseguire il volo e Sestu si è ritrovata ben presto a fare i conti con le difficoltà tipiche di una neopromossa. Sono rimasto però molto, molto colpito da come Donato abbia cercato in tutti i modi di lottare, spesso da solo, contro i mulini a vento e a favore di telecamera.
La Fanum Orosei ha fatto un campionato incredibile, meritando la promozione in prima categoria e diventando un riferimento per il paese e per la provincia nel mondo del calcio. Ne parlo con il portiere Giovanni Zamburru, uno dei protagonisti di questa magica stagione, coronata da un traguardo bellissimo:
“Un’annata fantastica. Vincere un campionato non è mai semplice in qualsiasi categoria. Noi ci siamo riusciti giocando un buon calcio. Nessuno si aspettava un finale così. Tutti parlavano di altre squadre, più attrezzate, ma alla fine l’abbiamo spuntata noi, partendo in sordina. Dopotutto i numeri parlano chiaro, siamo la seconda miglior difesa, uno dei migliori attacchi e in casa abbiamo centrato una storica striscia di 13 vittorie in altrettante gare”
La parentesi italiana di Daniela Simian Bulaich è un crocevia tra le due isole maggiori, la Sicilia e la Sardegna, in un susseguirsi di stagioni. Arrivata a Catania lo scorso anno, Daniela si è subito fatta notare per il suo temperamento e per la classe del suo gioco, con cui quest’anno ha deciso di rendere grande l’Hermaea Olbia, squadra che attualmente si gioca la pool promozione della serie A2 di volley femminile:
“Stiamo giocando la pool promozione e l’obiettivo finale è quello di concludere la stagione nel migliore dei modi. Siamo rimaste tutte molto soddisfatte dall’aver centrato i playoff e ora vorremo poter chiudere l’anno con qualche successo in più che si aggiungerebbe ad un anno già molto bello di per sé”
Qualche ora prima di intervistarlo, voglio riguardare ancora ciò che è riuscito a fare nel 2021. Apro Youtube, è tra i video che ho salvato. Mi piace riguardare quel momento, ascoltare la telecronaca di Bragagna e la parola Italia che urla esattamente al secondo 37’50’’. Filippo Tortu corre verso Lorenzo Patta, lo travolge. Lui crolla a terra, incredulo. Stacco di camera verso i britannici. L’Italia vince la medaglia d’oro nella 4×100 maschile. Lorenzo Patta, Marcel Jacobs, Fausto Desalu, Filippo Tortu. Io sono ancora lì. Ho la stessa emozione di due anni fa? Si. Mi batte il cuore come in quel pomeriggio d’estate? Sempre. Chiamo Lorenzo Patta. Voglio capire cosa prova lui, e quando ha realizzato la vittoria di quella medaglia. Voglio rivivere quell’emozione dalle sue parole. Il mio lavoro regala anche queste fortune:
“Non ho ancora realizzato probabilmente. È stato tutto perfetto, troppo. Quando ho cominciato a fare atletica, i giamaicani dominavano la corsa. C’era Usain Bolt, un mito inarrivabile. Guardavo le sue gare e non avrei mai pensato che un giorno, sopra quel podio, ci sarei potuto essere io, con Marcel, Filippo e Fausto”